Tecnologia

Il rilevatore di presenze

Come si possono controllare i propri dipendenti quando non ci si trova in ufficio?

È una domanda che si pongono molti imprenditori e datori di lavoro ma, anche e soprattutto, è una domanda che si pongono i dirigenti degli uffici pubblici.

Negli uffici pubblici, infatti, è molto più complicato controllare l’entrata e l’uscita dei dipendenti e per farlo è necessario possedere il rilevatore presenze, proprio come quello in vendita sullo shop online Haxteel.eu.

Il rilevatore presenze, infatti, comunica all’azienda sia l’entrata che l’uscita dei dipendenti, così che il dirigente possa sapere sia l’orario di entrata che l’orario di uscita del personale.

Perché è necessario che ogni azienda, soprattutto se pubblica, sia dotata di un rilevatore presenze?

Il motivo è che molti dipendenti del settore pubblico fanno finta di andare a lavorare, mentre in realtà fanno altro.

Com’è possibile questo?

Molti dipendenti pubblici sono riusciti ad attuare una sorta di ‘sistema’: consegnavano il loro cartellino di riconoscimento ad un collega che lo ‘timbrava’ per tutti, cioè faceva passare la tessera di riconoscimento del lavoratore attraverso il rilevatore di presenza, così che veniva segnato sia l’orario di ingresso che l’orario di uscita.

In molti uffici pubblici, questo ‘sistema’ è andato avanti per anni, fino a quando qualcuno si è scocciato di questa situazione ed ha giustamente denunciato ciò che accadeva.

Ovviamente, il rilevatore di presenza non può attestare che il dipendente stia lavorando in maniera ottimale o meno, può solo rilevare la presenza in ingresso ed in uscita; per effettuare controlli più approfonditi, è necessario impiegare personale specializzato, proprio addetto a questo tipo di mansione.

Il problema dell’assenteismo nei luoghi di lavoro pubblici non è solo un reato, ma è anche una situazione che causa disagio ai cittadini, soprattutto a coloro che pagano regolarmente tutte le tasse ed hanno diritto a ricevere un servizio efficiente; ma se il personale manca, chi svolge il lavoro delle persone assenti? Nessuno. È proprio questo che causa lunghe file e, quindi, lunghe attese negli uffici pubblici.

Forse, se molti uffici pubblici venissero privatizzati tutto questo non succederebbe.

Molti sostengono che il problema dei cosiddetti posti pubblici sia la sicurezza nel sapere che non si verrà mai licenziati, a meno che non si commetta una grave illegalità. Forse è così. Allora, in questo caso, si dovrebbe davvero pensare di privatizzare il più possibile, poiché la paura di perdere il lavoro farebbe sì che nessuno si assenti in maniera ingiustificata.

In Italia, in molti degli uffici pubblici in cui si sono verificati casi di assenteismo, le indagini hanno portato a rivelare che i dipendenti che si assentavano andavano a fare la spesa, andavano dal parrucchiere o dall’estetista.

Tutto questo è ingiusto e sbagliato.

Negli uffici pubblici ci vuole maggiore controllo e l’utilizzo del rilevatore presenze venduto sullo shop online Haxteel.eu potrebbe essere un ottimo punto di partenza.

Google, la storia di due ragazzi amanti della tecnologia

La storia di google è iniziata come tante: dei visionari con un’intuizione giusta ma poco capitale e nessun investitore. Una storia come tante ma un finale come pochi, perché dopo 21 anni quella intuizione è diventata una realtà dal valore di oltre 800 miliardi di dollari.

La data di nascita di google è il 27 settembre 1998 quando i due fondatori di Google, gli allora 24enni e studenti universitari, Larry Page e Sergey Brin pubblicarono una ricerca in cui descrivevano il prototipo di un motore di ricerca di nuova concezione. Ma in realtà la storia della sua nascita di google è molto più travagliata e risale a qualche tempo prima.

Siamo nel gennaio del 1997 i due inventore già da un po’ avevano tra le mani questa nuova tecnologia che era nata dall’intuizione che non esisteva ancora un modo valido per orientarsi nell’immensità dei dati che veniva immessi in internet. Ma nonostante l’intuizione era giusta e la tecnologia sviluppata vincente entrambi avevano solo il desiderio di venderla e continuare i propri studi, così erano decisi a vendere la loro neonata tecnologia ad una delle importante società che ci si occupavano di ricerche sul web: Yahoo, Excite e AltaVista; ricerche che avveniva tramite un personal computer, per visualizzarne alcuni clicca qui.

L’unico imprenditore disposto ad ascoltarli fu George Bell, a capo di Excite. Il quale pur restando a bocca aperta davanti a quello che gli avevano mostra i due ragazzi rifiuto l’offerta proposta da Page che fissava il prezzo di vendita su 1,6 milioni di dollari.

Ma come si è arrivati a questo punto?

Sebbene Larry Page e Sergey Brin non volevano mettersi in affari, gli era chiaro già da molto tempo che la loro passione per l’informatica li conduceva nella stessa direzione, così diedero inizio ad una collaborazione diventando inseparabili. 

Quello che realizzavano con la loro tecnologia è una cosa che oggi i sembra ovvia: gli altri motori di ricerca, AltaVista, Yahoo! ed Excite,  attiravano molto traffico sulla loro “home page” ma non erano convincenti in quanto a risultati mostrati dopo la ricerca, perché la loro risposta alla ricerca si basava solo su quante volte la parola ricercata appariva nei documenti da restituire all’utente ma questo non certifica automaticamente la pertinenza tra ricerca e lista di documenti apparsi in prima pagina. 

Il nodo che permise a Larry Page e Sergey Brin di supera tutti gli altri motori di ricerca non fu dunque trovare le pagine, ma metterle in ordine di importanza. La loro chiave di volta furono i link.

Attraverso i link presenti in una pagina web i due riuscirono a creare una classifica d’importanza di pagine da restituitre rispetto ad una ricerca: gli era chiaro che i link potevano essere paragonati alle citazioni della bibliografia nei libri, le pagine più citate (attraverso i link) dovevano essere le più importanti all’orgomento.

Nasce così il loro primo motore di ricerca che fu chiamato BackRub, molto più intelligente di quelli già esistenti perché permetteva di contestualizzare i risultati.

Nasce google

BackRub, analizzando e raccogliendo link, diventava più efficace a mano a mano che il Web. Eppure Page e Brin volevano solo vendere la nuova tecnologia e tornare ai propri studi, così nel 1997 la proposta George Bell che venne però rifiutata.

Nessuno voleva comprare la loro invenzione ma intanto era molto apprezzata tra i ricercatori di Stanford, dove il motore funzionava a pieno regime. Da questo successo l’idea del nuovo nome, Google, traslitterazione errata di “googol”, numero 1 seguito da 100 zeri, che era proprio quello che faceva la loro invenzione: il motore metteva in ordine di importanza un numero enorme di documenti.

Da qui la nascita crearono una pagina web del motore e il 4 settembre 1998 fondarono Google, grazie anche ai 100mila dollari investiti dal creatore di SunMicrosystems, Andy Bechtolsheim.

Meizu m2 la tecnologia nelle tue mani

In un settore degli smartphone costantemente in continua evoluzione, diversi marchi cinesi sono riusciti a farsi strada e ad oltrepassare i confini nazionali. Uno di questi è senza ombra di dubbio Meizu, che nello scorso anno ha lanciato il dispositivo mobile M2.

Si tratta di un prodotto di alto livello, capace di soddisfare le esigenze anche dei palati più fini in materia di smartphone. Si tratta della versione più piccola del phablet M2 Note, del quale mantiene un design molto interessante e una certa somiglianza con i dispositivi Apple di ultima generazione. Uno dei suoi autentici punti di forza è costituito da una scocca di ottima qualità, unita a maneggevolezza e praticità che lo rendono di pregevole fattura. Ovviamente, la forza di Meizu M2 non si limita all’aspetto esteriore, dato che dispone di un comparto tecnico con ben poco da invidiare a device molto più celebrati. Tutto ciò anche grazie ad un comodo display da 5 pollici con risoluzione da 1280 x 720 pixel e un ottimo grado di luminosità.

Prima di tutto, l’hardware prevede la presenza di un processore Mediatek MT6735 da quattro core, con clock fissato a 1,3 GHz. La memoria RAM è di 2 GB, mentre lo spazio di archiviazione disponibile è di ben 16 GB e consente l’utilizzo di un gran numero di app senza che lo smartphone si sovraccarichi. Può essere inserita una microSD, mentre il dispositivo non supporta la modalità dual SIM. Non manca la chance di utilizzare una connessione dati di tipo 4G LTE, oltre ovviamente al Bluetooth e al WiFi di ultima generazione.

Molto interessante anche la parte fotografica. Meizu M2 è munito di un sensore posteriore da 13 megapixel con flash LED, mentre quella frontale si limita a 5 megapixel. Lo smartphone funziona ad un sistema operativo Android aggiornato alla versione 5.1 Lollipop, coadiuvato da un’interfaccia grafica FlyMe 4.5.3l realizzata direttamente dal brand cinese. Dispone di un browser semplice anche per chi non si ritiene un esperto di telefonia mobile e di una batteria interna da 2500 mAh, in grado di consentire un’autonomia superiore ad un’intera giornata.

Nel complesso, Meizu M2 è davvero un prodotto di primissima categoria, con tutte le features che servono all’interno di uno smartphone all’avanguardia. Le cose migliorano quando si pensa che a tutta questa qualità viene unito un prezzo di soli 169 euro, inferiore rispetto alla maggior parte della concorrenza.